DANTE'S TRIANGLE - Cast

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Ramaya Productions & MAGIA Production
presentano

Nuovo Cinema Italiano
un progetto di PUPI AVATI

Buona Visione...

 

 

Musica di sottofondo: Azzurro cantata da Adriano Celentano.

Sullo schermo vediamo scorrere delle immagini di varie piazze e vedute italiane.

In sovraimpressione appaiono i titoli di testa del film.

 

Una collaborazione di MAGIA Production e RAMAYA PRODUCTIONS

Nuovo Cinema Italiano

 

Con la supervisione di Pupi Avati

Con...

John Turturro

Claudio Bisio

Cesare Cremonini

Paolo Villaggio

 

 Le ultime immagini di questa sigla sono dedicate alla città di Milano, dove si svolge il primo episodio.

La musica sfuma.

Sullo schermo appare in sovraimpressione, in giallo, il titolo dell'episodio.

 

AFORISMI

Vediamo inquadrato un tram sferragliare lungo una corsia riservata di un trafficato viale alberato. Il tram è semi vuoto. Alla fermata sale una signora anziana con le borse della spesa. Si guarda attorno. Fissa un giovane con le cuffie, seduto, che non alza lo sguardo. Un uomo (CLAUDIO BISIO) le fa un cenno.

UOMO
Vuole sedersi qui?

ANZIANA
Grazie.

La signora si siede, l'uomo si alza e si avvicina all'uscita.

STACCO.

Il tram si ferma davanti a una bella chiesa. L'uomo scende. Ora la MDP inquadra il dettaglio del collo, si vede il collarino tipico dei sacerdoti. L'uomo sorride e, varcando il cancello che precede la chiesa, saluta alcune suore, che ricambiano.

STACCO.

L'uomo è nel confessionale. Lo vediamo con la faccia vicino alla grata.

VFC MASCHILE
Io non capisco proprio come gli sia venuto in mente. Io avrò anche fatto male a trattarlo così, ma non mi sarei mai sognato di fare come ha fatto lui con i suoi soci.

Il prete ascolta, tira un sospiro, poi interviene.

PRETE
Figliolo, sfogati, ma tieni a mente che prima di giudicare un uomo devi camminare per tre lune con i suoi sandali.

Un momento di esitazione, poi la voce dall'altra parte della grata riprende a parlare.

VFC
Sì. Sì ha ragione, padre. Cercherò di parlargli, di capire meglio la situazione. Grazie.

PRETE
Respira a fondo prima di prendere le decisioni.

VFC
Sono assolto?

Stacco.

Il prete è ora intento a appendere sulla bacheca della chiesa alcuni avvisi per i parrocchiali. In quel momento entra un uomo con la barba di tre giorni e gli occhi stanchi.

UOMO
Don Paolo, ha un minuto?

Il prete posa lo scotch e fa cenno all'uomo di seguirlo. Escono dalla porta della chiesa e rimangono sul sagrato. L'uomo si accende una sigaretta. Poi ne porge una al prete, che rifiuta.

UOMO
E così mi ritrovo a dover cominciare da zero. Mia moglie e i miei figli dicono che dovrei accettare il trasferimento. Mia moglie non capisce niente. Io non ne ho intenzione. Che se ne vadano aff...a quel paese. Ora metterò di mezzo i sindacati. Gli farò vedere io...

PRETE
Giudichi così male il pensiero di chi ti è vicino?

UOMO
Sono vent'anni che faccio così, perché mai dovrei accettare questo cambiamento?

PRETE
Quando soffia il vento del cambiamento qualcuno costruisce muri, altri uomini edificano mulini a vento.

L'uomo resta sorpreso, si rilassa e sputa fuori il fumo della sigaretta, che avvolge lo schermo.

Stacco.

Il prete è ora in sacrestia. Sta pulendo un crocefisso d'argento di medie dimensioni. Guarda compiaciuto il suo lavoro mentre entra una ragazza, vestita in modo malandato.

RAGAZZA
Don Paolino? Posso?

PRETE
Ciao Amelia, che succede?

AMELIA
Succede che ci sono ricascata.

Il prete posa il crocefisso e si avvicina alla giovane, accarezzandole i capelli.

PRETE
Cos'hai combinato?

Amelia non risponde ma estrae dalla borsa un sacchettino.

PRETE
Questo ora lo lasci a me.

Amelia annuisce, poi fissa il prete, aspettando una sua parola.

PRETE
Il problema, Amelia, è che devi pensare a cosa c'è dietro a tutto questo. Ogni spinello che fumi finisce indirettamente a regalare soldi alla criminalità. Pensa anche a questo.

AMELIA
Ha ragione Paolino...ma in fin dei conti io...sono solo un pesce piccolo.

PRETE
Gli uomini inciampano nelle pietre, non nelle montagne.

AMELIA
Grazie Paolino.

Amelia abbraccia il prete, poi si congeda. Don Paolo rimane con il sacchetto di marijuana, pensoso. Poi un rumore lo distoglie. Entra una suora.

SUORA
Don Paolo, scusi, la disturbo?

Il prete preso di soprassalto nasconde in una tasca dei pantaloni il sacchetto.

PRETE
No Suor Rita, affatto. Che c'è?

SUORA
Abbiamo visite.

Dalla porta, accompagnato da un'altra suora, entra un uomo anziano (COCHI PONZONI), con l'abito talare e gli occhiali scuri. Don Paolo ha un sussulto.

SUORA
Il vescovo voleva farle un saluto, ha saputo del suo ritorno.

Il vescovo, che è cieco, si sporge verso don Paolo, affettuosamente.

VESCOVO
Don Paolo, forza, fatti abbracciare!

Il prete ricambia esitante l'abbraccio. Sul volto del vescovo una strana smorfia.

Stacco.

Vediamo il vescovo portato a braccetto da una suora, sta scendendo la scalinata antistante la chiesa.

VESCOVO
Don Paolo! E' sempre un piacere salutare quell'uomo...

SUORA
Siamo fortunate che sia venuto in questa parrocchia.

VESCOVO:
Mi raccomando, trattatelo bene, l'ho sentito piuttosto raffreddato e dimagrito.

La suora rimane per un momento confusa, poi annuisce, mentre aiuta il vescovo a salire in auto.

Stacco.

E' sera tarda. Don Paolo saluta il sacrestano (cameo - ROCCO TANICA) e esce dal cancello. Si ferma ad attendere il tram nel viale alberato. Dalla tasca estrae il cellulare e si infila le cuffie, parte ad alto volume una canzone la canzone dei Coldplay: “Viva la vida.

Mette la mano nell'altra tasca e si vede un pacchetto di Rizla stropicciato e la busta sequestrata ad Amelia. Il prete apre la busta e svuota il contenuto in un aiuola.
Poi arriva il tram. L'inquadratura è da dietro la vettura. Vediamo i piedi del prete salire.

Stacco.

Un appartamento al buio. Si vede aprirsi la porta. Il prete entra in casa. Lentamente l'uomo si dirige in cucina. Accende la luce e dal frigo estrae del latte. Lo mette a scaldare e si siede a tavola. Là si vede un libro, sulla copertina si legge “Aforismi”. L'uomo comincia a leggere. D'un tratto si vede accendersi la luce del corridoio.

L'uomo si volta, sul suo volto appare per un momento una smorfia di spavento, poi un largo sorriso.
In piedi, sulla porta della cucina, una bambina, con orsacchiotto di pezza in mano.

PRETE
Che fai sveglia?

BAMBINA
Ho sentito un rumore. Mi dai il latte anche a me?

PRETE
Siediti.

L'uomo prende due tazze e le riempie di latte, caldo e fumante.

PRETE
Non si dice mi dai anche a me. E' come dire a me mi.

La bimba e il prete sorridono. Poi lei scende dalla sedia dove si era seduta e abbraccia il prete. Lui le da un bacino sulla fronte.

PRETE
Forza, andiamo a letto.

La bambina da la mano al prete. Sono inquadrati da dietro mentre lui la porta in una cameretta, prima di entrare lo si vede togliere il collarino.

Stacco.

La porta della cameretta si apre e il prete esce sorridente. Entra nella sua camera da letto. È più buia del resto della casa e il prete si spoglia silenziosamente. Poi si accende una luce.

Nel letto matrimoniale una donna (GAIA DE LAURENTIS).

DONNA:
Ma che ora è?

PRETE:
Saranno le undici.

DONNA:
Uffa! Torni sempre più tardi...

Il prete entra nel letto e bacia la donna. I due cominciano ad amoreggiare. Lentamente la MDP sposta l'inquadratura. Sul comodino dell'uomo una foto.

Nella foto due uomini, abbracciati sorridono all'obiettivo. Uno, più grasso, è vestito da prete, l'altro, il gemello più magro è in maniche di camicia.

Vicino alla cornice il retro di una cartolina.

Ciao Pietro, io me ne resto in Africa...

VFC DONNA
Preferivo il tuo vecchio lavoro.

 

 

Regia: Davide Sibaldi

Personaggi e Interpreti
Don Paolo: Claudio Bisio
Vescovo: Cochi Ponzoni
Sacrestano: Rocco Tanica
Donna nel letto: Gaia De Laurentis

 


 

ARTE POVERA

Partono le note della canzone “Basta na jurnata e sole” cantata da Pino Daniele.

 

Vediamo la MDP che inquadra un gruppo di turisti appena sbarcati all’aeroporto. Li segue mentre si apprestano ad espletare le formalità doganali. Un uomo si rivolge ad un altro.

JOHN (JOHN TURTURRO)
Atterrati in perfetto orario. E così abbiamo sfatato il primo dei luoghi comuni negativi sull’Italia che mi sei andato propinando da quando siamo partiti.

Soggettiva di John che viene salutato dall’addetto al controllo passaporto.

Dopo sole poche battute John passa la dogana ed entra nella hall dell’aeroporto dove ci sono altri turisti del gruppo ad aspettarlo. Altri ancora si aggiungono. 

La comitiva riunita segue il capogruppo verso l’uscita dell’aeroporto.

Soggettiva di John che esce all’esterno. È una splendida giornata di sole ed il cielo ha un colore azzurro intensissimo. John volge lo sguardo verso l’alto con espressione soddisfatta.

Vediamo il gruppo avvicinarsi ad un pullman.

Dissolvenza.

All’interno del pullman tutti hanno preso il proprio posto e dal fatto che una dopo l’altra alcune persone alzano la mano capiamo che il capogruppo è intento a fare l’appello. Il pullman lentamente si avvia. La MDP inquadra l’autista, un omaccione bruno con grossi baffi e pochi capelli. Indossa una camicia a righe aperta sul petto villoso. L’immagine torna su John che è seduto vicino al finestrino e si rivolge al suo vicino.

JOHN
Visto? Dogana velocissima, pullman puntuale e nuovissimo. Poltrone fini e delicate, tivù, radio, toilette e bar, insomma, di lusso. Mi sa tanto che il tuo amico italiano ti ha spaventato per niente, erano altri tempi quelli nei quali lui ci ha vissuto.

VICINO
Sarà...

JOHN
Ehi, non ti sarai messo paura perché dovremo visitare il centro storico a piedi? Hai sentito, le strade sono troppo strette ed il bus non ci passa, non è meraviglioso? Dai! Vedremo il cuore della città del sole, del mare, della pizza e degli spaghetti, a piedi, da vicino, gli amici schiatteranno di invidia! E poi, tutte quelle raccomandazioni di tenere in luoghi sicuri il denaro, macchina fotografica e di stare sempre al centro del gruppo, sono cose che sento dire dagli accompagnatori ogni volta che vengo in Italia, sono frasi di routine.

Il pullman si avvia lentamente.

JOHN
Ti devi convincere che l’Italia è un paese pieno di tradizioni, hai visto le foto sui giornali che ci hanno dato sull’aereo? Non capisco l’italiano ma a riprova di come Napoli sia importante e piena di vita c’erano un sacco di notizie sulla città, tutte corredate di splendide foto di quella che deve essere una festa tradizionale tipica di questa zona. Non ho capito esattamente di cosa si tratti però mi pare sia molto simile ai falò del 4 luglio di Salem dove bruciano i barili, ma qui non hanno un giorno specifico, ogni giorno è buono e con la voglia di vivere che hanno si divertono tutto l’anno a bruciare cose di ogni tipo, non è fantastico? Una città sempre viva dove si respira e si sente nell’aria una gioia di vivere unica al mondo, dopo voglio chiedere alla guida se sa dirmi dove trovare dei falò, mi pare di aver capito anche in questi giorni ce ne sono, non sarebbe bellissimo poterli andare ad ammirare, magari questa sera dopo cena, per godere della magica atmosfera creata dal fuoco che illumina la notte mentre il fumo sale alto nel cielo?

Il pullman continua la sua corsa e lo vediamo proseguire non senza difficoltà circondato da automobili.

Vediamo il vicino di John guardare fuori e scuotere la testa.

Stacco.

Vediamo il pullman immerso nel caotico traffico cittadino. La MDP segue il bus che si ferma al semaforo rosso. Alcune auto dietro iniziano a suonare poi lo superano ed attraversano l’incrocio inseguite dai clacson delle vetture che le incrociano evitandole per un soffio. All’interno del pullman John guarda fuori ammirato.

JOHN
Guarda, non è incredibile? È vero che anche da noi c’è il traffico ma qui ha un che di magico, di misterioso. Come fanno migliaia di veicoli a mettersi d’accordo agli incroci e nelle colonne visto che i semafori sono ininfluenti ed i poliziotti inesistenti? Che sia per questo che ci sono tanti piloti italiani in formula uno?

Il pullman avanza molto lentamente nel traffico ed John scruta con attenzione la sfilza di negozi ed esercizi. Lo vediamo cercare di leggere le scritte.

JOHN
Com’è affascinante! Negozi di abbigliamento uno accanto all’altro, con capi firmati a prezzi irrisori! Trattorie, pizzerie e bar che si susseguono senza sosta, e quasi ogni bar pubblicizza una marca di caffè diversa, il buon caffè italiano. Non sto più in me dalla gioia! E poi guarda, come a New York anche qui gli artisti sono liberi di esprimersi creativamente, con le più varie scritte sui muri, per terra, sulle auto, non ci capisco niente ma le trovo estremamente pittoresche. Ma qui si va ancora più in là. Non solo le pitture sono ammesse, ma anche le sculture! Ammira quegli enormi cumuli di piccoli sacchi grigi, ammonticchiati in forme e posizioni sempre diverse, quasi ad ogni angolo di strada. Ed ho notato che ogni tanto qualcuno esce da un palazzo o da un negozio ed aggiunge uno o più sacchi al cumulo, liberamente, mutando impercettibilmente il senso dell’opera. Fantastico! Vera arte creativa popolare! Tutti devono partecipare con gioia all’edificazione di un’opera d’arte! Da noi, non si è ancora giunti a tanto. Mi chiedo come mai questa tradizione, così fantastica, non sia pubblicizzata né dalle agenzie turistiche, né da quel che si dice in tutto il mondo di questa città. Forse nessuno l’ha trovata interessante, e invece sì che lo è! Potrei fare un servizio fotografico sull’argomento, farò soldi a palate una volta tornato.

John comincia a fotografare avidamente.

Man mano che il pullman si inoltra nel centro i cumuli aumentano di numero, forma e dimensione.

Stacco.

Il pullman si ferma e i turisti scendono.

John si dirige subito verso un grosso cumulo di sacchi e continua a scattare fotografie. Da un portone esce un uomo che si avvicina al cumulo e vi getta sopra un sacco. Vediamo che John si fa coraggio e tenta di dire qualcosa all’uomo che lo guarda con aria interrogativa. John va per prendere un sacco ma l’uomo lo ferma e, nel silenzio più assoluto, gli urla.

UOMO:
MUNNEZZA!

L’uomo se ne va scuotendo la testa ed John rimane a fissare l’enorme cumulo di sacchi.

JOHN (VFC)
Non ho capito bene il nome e quando ho chiesto se potevo portare un sacchetto con me mi è stato fatto capire che non si poteva assolutamente. Peccato, mi sarebbe piaciuto portare con me un souvenir di quelle sculture ma ho notato un po’ di nervosismo nella voce del mio interlocutore così non ho ritenuto fosse il caso di insistere: probabilmente gli abitanti sono molto gelosi delle loro opere. Ma quando sarò di nuovo a casa, ed appena avrò fatto sviluppare le fotografie, chiederò in giro qualcosa di più su questa originale usanza della città e sull’incredibile bravura dei suoi artisti che, con le loro mani magiche, sono in grado di fare qualsiasi cosa, perfino capolavori come questi “Munesya”.

Partono le note della canzone “’O munn va” cantata da Pino Daniele.

Dissolvenza.

 

Regia: Agostino Ferrente

Personaggi e Interpreti
John: John Turturro


 

LA BICICLETTA

 

 

La mpd inquadra un ragazzo (CESARE CREMONINI) intento a gonfiare la ruota di una bicicletta.

È vestito in maglietta a maniche corte, calzoncini corti, calzettini corti, e scarpe da tennis.

 

RAGAZZO (VFC)
Alla fine di Luglio la gente, se può, da Bologna scappa.

La cappa di calore sulla città si fa asfissiante e noi si passa tutto il tempo ad aprire porte e finestre, per cercare di studiare, senza nessun effetto utile. 

Stacco.

La MDP sorvola lentamente i tetti di Bologna il cui cielo inavvertibilmente passa dal buio della notte al chiarore dell’alba.

 

RAGAZZO (VFC)
Parlo di studiare perché, è ovvio, siamo studenti. Studenti, naturalmente fuori corso e neanche bolognesi, che di bolognesi non ne conosciamo molti, ma a giudicare dall’assolato e desertico aspetto delle strade e delle piazze, a parte i militari, e dal numero di saracinesche abbassate, si capisce che anche i bolognesi se ne vanno volentieri!

Stacco.

La MDP scende di quota e scivola tra le vie deserte della città.

 

RAGAZZO (VFC)
Si soffoca un po’ tutti insomma, in buon accordo e reciproca comprensione.

Così naturalmente in estate io me ne sto a Rimini, che è il posto dove sono nato e dove si riversano i bolognesi in questi giorni di calura, e di solito finisce che nel corso di un anno faccio amicizia con più ragazze bolognesi in questi due mesi che in tutti i dieci rimanenti di vita sociale a Bologna. Mi godo la vita di mare, per quanto il mare vada scivolando, persino nelle baie vicino al promontorio di Gabicce, dall’azzurro mai visto dei tempi che furono verso il verde pisello sospetto di oggi.

Stacco.

Inquadrato di nuovo il ragazzo alle prese con la bicicletta.

 RAGAZZO (VFC)
Ora sono qui già in piedi con il sole che ancora deve sorgere perché ho avuto un piccolo problemino con mio fratello che per l’estate rivuole indietro la sua bicicletta. Io la uso quasi tutti i giorni per evitare il traffico caotico. Lui non l’ha mai usata ma ora è diventato ecologista ed ha deciso che la rivuole, così mi è venuta l’idea, giudicata insana da mio padre … 

Stacco.

Un uomo inquadrato di spalle (GIGI SAMMARCHI) ed il ragazzo davanti

 RAGAZZO
Vado a Bologna e porto giù la bicicletta.

 UOMO
Come la porti giù la bicicletta?

 RAGAZZO
Pedalo e la porto fino a Rimini.

 UOMO
Ma va, al massimo arrivi a Faenza e poi ti fermi.

Stacco sul ragazzo che appoggia a terra la pompa della bicicletta.

 RAGAZZO (VFC)
E dice Faenza tanto per rispondere alla mia sparata, che non aveva mai pensato che potessi arrivarci”.

Stacco sul ragazzo davanti al padre.

 RAGAZZO
Se mi stanco carico la bici in stazione e se la porta giù il treno. 

Stacco sul ragazzo che controlla che la bicicletta sia perfettamente gonfia sia davanti che dietro.

 RAGAZZO (VFC)
E così venerdì sono venuto su in treno, il sabato ho sbrigato un paio di cose poi a letto prestissimo, tutto proiettato verso il giorno dopo. Sveglia alle cinque e mezzo. Quasi subito in piedi, senza far colazione perché non ho niente in casa, stralunato dal sonno ma lucidissimo ed eccitato come se mi fossi bevuto una caffettiera da tre tutta da solo.
 

Stacco sul ragazzo che raccoglie da terra un maglione e lo infila dentro ad una borsa che poi si mette a tracolla. Monta a cavallo della bicicletta e comincia a pedalare.

Partono le note della canzone “Mondo” di Cesare Cremonini.

Il ragazzo in bicicletta percorre il centro della città osservando la piazza e le torri, silenziose e quasi severe. Poi sul pavé, oltre Porta Mazzini.

RAGAZZO (VFC)
Avrei fatto colazione a Forlì, esattamente a metà strada, che è già una distanza discreta ed implica un’ipotesi strisciante di riuscita del viaggio.
 

Il ragazzo continua a pedalare attraverso la periferia della città.

 RAGAZZO (VFC)
San Lazzaro è l’estremo baluardo noto; oltre cominciano i 110 chilometri. Un’enormità di distanza, Dio bono! che se uno ci pensa come minimo si scoraggia. La soluzione è concentrarsi sul paese più vicino indicato dai cartelli e far finta che si debba arrivare lì. Così il problema diventa quello di fare dieci/quindici chilometri per una decina di volte.

La MDP inquadra la pianura silenziosa che avvolge il lento pedalare del ragazzo.

 RAGAZZO (VFC)
Da Bologna a Rimini c’è un numero enorme di cartelli stradali. Questo ti fa tenere sotto controllo il percorso e l’evoluzione del viaggio; però se uno è in bicicletta e non è né un professionista né un dilettante, ma solo un velleitario, la cosa diventa irritante. Perché poco dopo comincia a credere di aver fatto un certo numero di chilometri, di star quasi per scorgere il paesino d’arrivo, invece arriva puntuale il cartello che dice Castel San Pietro Km.4, esattamente uno in meno di quanto indicato prima.
 

La MDP inquadra il cartello, poi il viso scoraggiato del ragazzo.

 RAGAZZO (VFC)
La cosa diventa persecutoria. Tanto che provo ad abbassare la testa e guardare dritto lungo la strada, ma così succede che la rialzo proprio per vedere stampato e ghignante il cartello davanti alla faccia. Castel San Pietro è un altro paesino che io collego a Bologna. Niente vero, è un posto piuttosto distante da Bologna 

L’inquadratura si alza e la MDP inquadra dall’alto il ragazzo che pedala tra il verde dei campi ed isolati casolari.

 RAGAZZO (VFC)
Col passare dei chilometri comincio a sentire male alle gambe e mi sforzo di tenere un ritmo costante, senza subire le provocazioni del cicloturista di professione del giorno festivo: eccoli, in gruppo o isolati, vecchi e infanti, i dominatori della strada delle prime ore della mattina della domenica. Inforcata la modernissima bicicletta, con impeccabile divisa comprendente cappellino, maglietta, calzoncini e calzettoni sponsorizzati dal mobilificio di provincia, più scarpette da ciclista, i cicloguerrieri dell’alba imperversano in ogni direzione. Sprezzanti verso chiunque non appartenga al proprio gruppo e, se sono soli, verso il mondo intero.
 

Il ragazzo viene superato da un ciclista che pedala con facilità.

Poco dopo dalla parte opposta un gruppo lo incrocia ed uno dopo l’altro i componenti guardano il ragazzo con sufficienza.

 RAGAZZO (VFC)
Sembrano quei cani dei cartoni della Disney, dal pelo bianco allungato e pulitissimo, che con denigrazione e disprezzo aristocratico si limitano a guardare i cagnolini sporchi malconci ed affannati che incontrano per strada.
 

Il sole comincia a picchiare. Il ragazzo è visibilmente stanco.

 RAGAZZO (VFC)
Ad un certo punto però spariscono, forse colpa del caldo. Ma il vero motivo è un altro. C’è che sto entrando nel tratto Faenza-Forlì, tra campi concimati di fresco, che mandano una puzza terribile. Alla puzza ci si può abituare, agli insetti che si ingrassano in quel particolare concime naturale no!”
 

La MDP inquadra il ragazzo che cerca di scacciare gli insetti.

 RAGAZZO (VFC)
La fatica è sempre maggiore, ma passo tutto il tratto a fare con una mano da tergicristallo nei confronti degli inarrestabili moscerini, mentre con l’altra mi aggrappo alla bicicletta. Tanto che alla fine capisco come facciano gli africani che ci fanno vedere alla TV a convivere con le immancabili due o tre mosche sul viso. Quanto a me, resisto perché non ho intenzione di passare qui tutta la vita e perché sono psicologicamente frustrato dal pensiero che l’ambiente naturale dei mostriciattoli siano proprio quelle chiazze marroni sparse qua intorno in ogni dove. Roba da schifo se non fosse che sono già a Forlì e, insomma, cinquanta chilometri percorsi fanno già un risultato, comunque più di quanto preventivato da mio padre. 

Viene inquadrato il cartello che indica l’inizio di Forlì.

 RAGAZZO (VFC)
Per la verità, di Forlì si vede solo il cartello, che poi tra il cartello e la città, cose che si scoprono solo in bicicletta, c’è sempre un gran bel pezzo di strada. 

Inquadrato il ragazzo dall’alto ancora lontano dal centro urbano.

 RAGAZZO (VFC)
Sono distrutto: le gambe piangono, il sellino morde e la schiena non ne può più; pedalo per inerzia e quegli ultimi chilometri prima di Forlì durano un’esagerazione. In più vorrei sapere l’ora. Infatti dopo che mi sono perduto per la seconda volta l’orologio, stavolta fatto fuori in un campeggio in Olanda, ho deciso di poter benissimo chiedere l’ora alla gente per strada.
 

La MDP inquadra il ragazzo in centro a Forlì fermo a fianco di una donna che si guarda l’orologio al polso.

 RAGAZZO (VFC)
Scoprire che sono le nove e far colazione mi da una certa euforia, peraltro contenuta, a causa dei dolori della carne, che è debole, ed a volte come ora debolissima.
 

Inquadrato il viso del ragazzo riflesso nello specchio di un bagno.

 RAGAZZO (VFC)
Un cappuccio e una pasta per rompere il ghiaccio; poi il bis prima di riattaccare. Ma soprattutto un’abbondante lavata al viso per rinfrescarmi e per scacciare i fantasmi dei moscerini di prima.
 

La MDP inquadra il ragazzo seduto al tavolino a leggere un giornale. Ripiega il giornale e si avvicina alla bicicletta.

 RAGAZZO (VFC)
Riparto dopo un’oretta di siesta. Fino a Rimini è un’alternarsi di momenti molto duri ed altri troppo euforici. Come se il patrimonio medio di euforia che posseggo per un dato tempo ed un dato spazio, utilizzasse quelle misere occasioni costituite dalle tappe, per scoppiare all’improvviso.
 

Vediamo la bicicletta attraversare il centro di una città.

 RAGAZZO (VFC)
Così una volta che tocco qualche città, Cesena per esempio, obbiettivo esclusivo e totalizzante per dieci/quindici chilometri secondo la tecnica del rimpallo da una cittadina all’altra, sfilo nel corso principale come Scipione a Roma dopo Cartagine. Cotto dal sole, affaticatissimo, bruttissimo a vedersi, io, per conto mio, mi sento Nibali.
 

Inquadratura sul viso soddisfatto del ragazzo mentre percorre il centro di Cesena.

 RAGAZZO (VFC)
Accanto a questi momenti, ecco un’estensione di dolori e sofferenze ben distribuite, con punte da autentica invettiva, soprattutto da parte delle cosce e della schiena. A Sant’Arcangelo c’è uno stop fuori programma. Senza neanche entrare in paese, che mi sarebbe toccato deviare per tre quattrocento metri dalla via Emilia, mi fermo sul ciglio della strada, assetato ed arso dal sole.
 

Il ragazzo viene inquadrato dall’alto seduto a terra sul lato della strada.

 RAGAZZO (VFC)
Le gambe si riposano qualche minuto e le correnti d’aria sollevate dalle auto di passaggio sono vagamente benefiche. Poco dopo, guardando più avanti, mi sembra di vedere un bar. 

Il ragazzo si alza in piedi, prende la bicicletta e si avvia a piedi verso il bar.

Il ragazzo è all’interno del bar e si rivolge alla signora dietro al banco.

 RAGAZZO
Una birra piccola e un panino. 

Vediamo il ragazzo seduto al tavolino del bar.

 RAGAZZO (VFC)
La birra la prenderei enorme, il panino, invece, mi accorgo subito che non riesco neanche a masticarlo, non ho abbastanza saliva; rimane attaccato ai denti in tutta la sua consistenza di mollica crosta e salame duro immangiabile: occorre bere per procurarsi il liquido per masticarlo. La birra è troppo invitante, quasi indispensabile. 

Rivolto nuovamente alla signora.

 RAGAZZO
Un’altra birra piccola. 

La signora lo guarda incuriosita.

 SIGNORA
Non le conveniva prendere una birra media? Risparmiava.

RAGAZZO
Sì, ma prima non sapevo se poi ne avrei voluta un’altra. 

La signora fa cenno di sì ma senza troppa convinzione.

 RAGAZZO (VFC)
Dopo la seconda birra non ho voglia di ripartire subito e mi siedo fuori su alcuni scalini. Aspetto che chiudano, come ho sentito dire, e mi appoggio poi alla serranda chiusa. Mi stendo sul marciapiede con la borsa sotto la testa, cercando di dormire. Poco da aspettare. Dormo, il sonno e la stanchezza a proteggermi dal caos delle automobili lì davanti. 

La MDP inquadra la via Emilia con le automobili che sfrecciano ininterrottamente una dopo l’altra. Il ragazzo si sveglia, si stiracchia prima di rialzarsi per poi risalire sulla bicicletta.

 RAGAZZO (VFC)
Ripresa la bicicletta e fatta pochissima strada, verso l’una e mezzo le due, mi sento esattamente come prima della sosta nessun giovamento. Ma Rimini è ormai vicina e questa è l’ultima delle mie mini tappe. Dopo chilometri lunghissimi, insuperabili, che quasi ti corrono dietro, pedalando contro un vento che si è sollevato e viene dal mare, eccolo finalmente il cartello della mia… RIMINI”

 

Partono le note della canzone ”Un Giorno Migliore” dei Lunapop.

La bicicletta supera il cartello che indica l’ingresso a Rimini.

 

Regia: Davide Cocchi

Personaggi e Interpreti
Ragazzo: Cesare Cremonini
Uomo: Gigi Sammarchi

 


 

PONTI D'ORO

 

 

Sottofondo musicale della canzone popolare "Sul ponte di Bassano".

 

Vediamo una ragazza (CLIZIA FORNASIER) passeggiare sul ponte di Bassano, illuminato dalle prime luci della sera. Una sera di primavera. Inquadrata da più vicino, vediamo la ragazza piangere.

 

Da lontano si vede avvicinarsi un uomo (ROBERTO CITRAN), molto elegante. La ragazza alza lo sguardo, lo nota, e sorride imbarazzata. L'uomo ricambia il sorriso e le si avvicina.

 

UOMO
Allergia, vero? Anche a me fa piangere in primavera.

 

La ragazza ride, tirando su con il naso.

 

UOMO
Posso offrirti un caffè?

RAGAZZA
Veramente è tardi, sto tornando a casa.

UOMO
Una tisana? Per curare l'allergia, ci sarà pure un bar sotto casa tua, ce n'è dappertutto in questa cittadina!

RAGAZZA
Lei non è di Bassano, vero?

 

L'uomo fa cenno di no con la testa, e le porge un fazzoletto, asciugando una lacrima. La ragazza sorride.

Stacco.

Inquadratura dell'interno di un appartamento modesto. Una luce accesa illumina fiocamente il soggiorno. C'è una donna in piedi, è nervosa. Si spalanca la porta d'ingresso ed entra la ragazza. Rimane sorpresa nel vedere l'altra donna (EDWIGE FENECH).

 

RAGAZZA
Mamma...

MADRE
Te par l'ora de tornar casa! Xe tardi!

RAGAZZA
Hai ragione mamma...

MADRE
Fila a dormire, che doman te lavori!

RAGAZZA
Scusa...

La ragazza corre nella sua stanza, sorride eccitata. La madre scuote la testa. Poi va lentamente nella stessa direzione, spegne la luce e lo schermo diventa nero.

 

Una luce fioca illumina la cameretta della ragazza. Lei è sotto le coperte e stringe forte il fazzoletto con cui l'uomo le ha asciugato le lacrime.

Dettaglio sul fazzoletto, c'è un simbolo araldico dorato.

 

Stacco.

 

La ragazza è vestita con la classica tuta blu da operaio. Si trova in una fabbrica, in linea di produzione. Un'altra ragazza le si avvicina.

 

RAGAZZA
Un principe...

AMICA
Io non ci credo neanche se lo vedo!

 

La ragazza si schernisce e torna a lavorare. Sospira sognante, pensando a lui.

 

Stacco.

 

Fuori dai cancelli della fabbrica sciamano gli operai. Sulla strada si vede un'auto d'epoca color avorio. Al volante l'uomo visto a inizio episodio. Un foulard viola sbuca dal taschino. Sorride e indossa guanti da guida. Tutti lo guardano stupiti. La ragazza esce dalla fabbrica.

Primo piano del suo sorriso felice e sorpreso.

 

UOMO
Finalmente Cristina!

CRISTINA
MANLIO!

 

La ragazza monta in auto, si vede guardare verso gli operai. Nota la sua amica che non le credeva e si compiace del suo sguardo allibito.

 

Stacco.

 

L'automobile si arrampica per le colline venete.

 

MANLIO
Ti porto in un bel posto...

 

Stacco.

 

L'automobile parcheggia di fronte a un cancello in ferro battuto. Si legge “GOLF CLUB DEL BRENTA”.

Cristina è sempre sognante. Manlio le apre la portiera e la fa scendere.

Si vedono varcare di spalle l'ingresso del golf club.

 

Stacco.

 

La luna illumina la strada. L'auto di Manlio accosta sotto a un palazzo di periferia. Due bambini giocano con il pallone.

 

MANLIO
Ti sei divertita, principessa?

 

Cristina non risponde e lo bacia appassionatamente.

 

Stacco.

 

Vediamo l'appartamento di Cristina. La madre è in nervosa attesa, quando si spalanca la porta.

 

MAMMA
Un'altra volta? Te me farà impazzir? Dove te son stata?

CRISTINA
Mamma, non puoi nemmeno immaginare...ho conosciuto un principe!

MAMMA
Ma va in mona, la solita sognatrice!

 

Cristina volta le spalle alla madre, poi, piroettando, va in camera sua.

 

MAMMA
Ma vara questa...!

 

Stacco.

Veduta del Ponte di Bassano. Il sole è alto in cielo. Sul ponte passa un uomo in bici, senza maglietta. Si asciuga il sudore. Si capisce che è estate.

Stacco.

Cristina e la madre stanno passeggiando per il centro del paese. La madre saluta alcune persone. Si fermano davanti a una vetrina. La MDP ci mostra la vetrina, è quella di un negozio di abiti da sposa.

 

MAMMA
Ma te son proprio sicura? Te lo conossi da così poco tempo.

CRISTINA
Mamma, lo amo, il mio principe...

 

Stacco.

 

Cristina e Manlio sono sul ponte, affacciati sul fiume.

 

MANLIO
Dal centro Europa arriveranno i miei amici e familiari, in tutto dovrebbero essere 150 persone.

Cristina lo ascolta rapita.

MANLIO
Ho già pensato al catering. Il locale voleva essere una sorpresa, ma non ce la faccio a non dirtelo...

CRISTINA
Il golf club!

MANLIO
Amore...

I due si baciano, poi lui riprende a parlare.

MANLIO
Dopo il pranzo un elicottero ci porterà a Schellenberg, nel palazzo di famiglia.

Particolare di Cristina, ha gli occhi lucidi.

MANLIO
Il giorno dopo andremo alla basilica di Vaduz, per l'incoronazione.

Cristina sogna ormai ad occhi aperti. Lo schermo, con un effetto “bolla” ci mostra Cristina, vestita come una regina, mentre un prete la incorona, Manlio al suo fianco, in alta uniforme, la guarda felice.

Lo schermo torna normale.

MANLIO
Domani avrò bisogno della tua compagnia, cominceremo i preparativi.

 Stacco.

 Manlio e Cristina sono in un negozio di vestiti, hanno i sacchi pieni. Vediamo i loghi delle marche più care. Manlio è già alla cassa, Cristina lo raggiunge.

 CASSIERA
Forse un problema di linea, non so...

MANLIO
Capisce quanto sia imbarazzante?

CASSIERA
Sì, beh, capita.

Manlio scuote la testa, poi riprende in mano la carta che gli porge la cassiera.

MANLIO
Mi sentiranno! Non è la prima volta che succede! Sono molto arrabbiato!

CRISTINA
Che succede?

MANLIO
Questa dannata carta di credito che sembra non funzionare mai. Peccato che succeda solo in Italia.

Manlio fissa con fastidio la cassiera, che rimane interdetta.

CASSIERA
Mi scusi...

 CRISTINA
Dai Manlio, non litigare, pago io.

 Cristina porge il bancomat alla cassiera.

 MANLIO
Sono mortificato principessa, non accadrà più

CRISTINA
Sì principe, lo so.

Stacco

 Cristina è con Manlio in una lussuosa stanza d'hotel. Sono a letto, hanno appena fatto l'amore. Manlio fuma con il bocchino una sigaretta. Cristina gli massaggia la schiena.

MANLIO
Andremo a Gibilterra, a casa dei miei cugini, i duchi di Andorra, poi Marrakech. Vedrai, è un posto magico.

CRISTINA
Ti seguirei ovunque.

MANLIO
Scusami se abbiamo dovuto far firmare tutte quelle carte a tua madre, in banca, ma tutte queste normative sul riciclaggio ci rendono la vita impossibile. Uno finisce con i milioni in una banca monegasca e poi deve fare i debiti in una italiana.

CRISTINA
E io che credevo che per voi nobili fosse tutto facile!

Manlio sorride e tossisce un po'. Cristina si copre con il lenzuolo e accende la TV. Sullo schermo appare Raoul Bova in una scena di “Piccolo grande amore”.

Parte la canzone dei Beatles “Lucy in the sky with diamonds”.

 Stacco.

La musica accompagna la scena.

Manlio e Cristina sono all'intero di una chiesa. Li vediamo inquadrati da lontano. Lui con la mano le mostra i dettagli della chiesa, come a spiegarle dove andrà un invitato piuttosto che un addobbo.

 Stacco.

 Stessa scena, stavolta al golf club del Brenta.

Stacco.

Manlio è nel parcheggio del golf club. Sale in auto. Cristina si attarda, le suona il telefono, la musica sfuma.

 CRISTINA
Pronto?

 VFC
Signorina Marcon? Guardi che l'assegno per i fiori era scoperto! Come la mettiamo?

CRISTINA
Che vuol dire scoperto?

VFC
Vuol dire che se non mi porti i contati domani, niente fiori in chiesa domenica! Cazzo!

PP di Cristina, scuote la testa. La raggiunge Manlio, che le carezza i capelli. Lei sorride.

MANLIO
Ho parlato con i miei parenti, verranno tutti direttamente in chiesa domattina. Devo chiederti un ultimo favore, mille euro in contanti per il trasportatore.

CRISTINA
Manlio, quando sbloccano i fondi?

MANLIO
Stai tranquilla, ancora una decina di giorni. Tornati dal viaggio di nozze sarà tutto a posto.

CRISTINA
Intanto dovrò chiederli a mia madre.

Manlio sorride e bacia Cristina, che sospira.

Stacco.

La MDP inquadra la chiesa da fuori. Ci sono una ventina di persone, eleganti, fuori dalla chiesa. Alcuni bambini giocano annoiati dalla circostanza. Il prete attende sulla scalinata e confabula con qualcuno.

Arriva l'auto della sposa, che scende scortata dalla madre, che, subito, capisce che qualcosa non va.

INVITATO
Il principe non s'è ancora visto!

MADRE
Come no se ga visto?

CRISTINA
Oddio...Manlio...gli sarà successo qualcosa?

INVITATO 2
Sì, i creditori lo gaverà trovà!

Risata generale.

Un tuono. Comincia a piovere sul principesco abito di Cristina, che, trattenendo le lacrime, stringe forte il suo bouqet.

Stacco.

Inquadratura del ponte Santa Margherita, di Treviso, bagnato dalla pioggia. Una ragazza sta per attraversarlo. Sembra sconvolta.

Sull'altra sponda la MDP inquadra Manlio, è sotto un ombrello con uno stemma araldico spagnolo. PP di Manlio, che sogghigna.

L'inquadratura si allarga e vediamo Manlio avanzare, andando incontro alla ragazza.

 

Regia: Chiara Andrich

Personaggi e Interpreti
Cristina: Clizia Fornasier
Manlio: Roberto Citran
Madre di Cristina: Edwige Fenech

 


 

ALICE È DIVENTATA GRANDE

 

 

Vediamo inquadrata dal mare, illuminata dal tramonto, un paesaggio di pescatori (Riomaggiore, Cinque Terre).

Alcuni uomini, dei pescatori, ritirano le reti e sistemano le barche. La MDP si avvicina alla cittadina. Al via vai dei pescatori si aggiunge quello, più invadente, dei turisti. E' una sera di primavera.

I pescatori stanno scherzando fra loro rumorosamente, si sentono le loro risate, quando arriva l'ultima barchetta. Sullo scafo, solo e con il volto corrucciato, un vecchio marinaio (PAOLO VILLAGGIO). Il suo arrivo sembra guastare il clima di allegria e il crocchio di pescatori si dissolve, mentre solo uno di questi va verso il vecchio, che gli lancia una fune per legare la barca. Il vecchio scende dalla sua barchetta e, senza voltarsi, sale verso la cittadina, lasciando all'altro pescatore l'incombenza di rimettere lo scafo. La MDP inquadra il vecchio, mastica tabacco e sembra parlare da solo, è affaticato nel risalire verso casa.

L'inquadratura si allarga, vediamo la strada del paese, il vecchio che sale, e i turisti che gli sfilano a fianco. Sembrano quasi appartenere a due diverse realtà. Da un negozietto di frutta e verdura, con la mercanzia esposta sulla strada, una signora anziana (FRANCA SCIUTTO) si sporge, rivolgendosi al vecchio pescatore.

ANZIANA
Ohilà, Pasù, che fai, vai per mare?

Il vecchio la guarda, fa un cenno toccandosi il berretto per salutare, poi senza fermarsi continua a salire. L'anziana inizia a ritirare la frutta, aiutata da un giovane.

GIOVANE
Nonna, lascia, ti aiuto.

ANZIANA
Fatti dire da Alice che gli passa per la testa.

GIOVANE
Ma nonna, belìn, che t'importa, lascia stare.

La vecchia ignora le parole del giovane e guarda il vecchio salire lento verso casa, finché si infila in un vicolo, e non lo si vede più. Negli occhi della vecchia si legge la sua preoccupazione.

Stacco.

Sentiamo in sottofondo “Volta la carta” di De Andrè.

La MDP è all'interno di un appartamento. C'è una stanza quadrata, al centro un tavolo rotondo, le pareti sono colorate e allegre. In un angolo una scala a chiocciola, di fronte la porta a vetri, dall'altra parte i mobili e i fornelli di una cucina a vista. Una bella ragazza (EMANUELA GALLIUSSI) cucina, è inquadrata di spalle, canticchia allegramente la canzone di sottofondo.
Improvvisamente si apre la porta di casa, viene inquadrato il vecchio entrare. La ragazza si volta, e sorride all'uomo. Gli va incontro e gli toglie il cappello dalla testa. Poi lo carezza scompigliandogli i capelli. Questi sbuffa e si siede a tavola. La musica sfuma.

La conversazione prosegue con il vecchio a tavola e la ragazza che gli parla cucinando, voltandosi di tanto in tanto.

VECCHIO
Cosa si cena?

RAGAZZA
Ti ho preparato le verdure.

VECCHIO
Le verdure?
(deluso) Ma cosa sono, una capra?

RAGAZZA
Dai papà, da bravo, te lo ricordi cos'ha detto il dottore, no? Com'è andata la giornata?

Il vecchio scuote la testa, rancoroso. Prende del pane e ci mette sopra olio e sale, poi lo morde, soddisfatto.

VECCHIO
Il dottore, buono quello lì, non capisce niente.

La ragazza sorride sempre, si volta e mette a tavola.

RAGAZZA
Tu, invece, sei laureato in medicina, vero?

VECCHIO
Io questa roba non la mangio. Fammi una pasta.

Il vecchio allontana il piatto, la ragazza inclina la testa, guardandolo come fosse un bambino.

RAGAZZA
Chissà cos'hai mangiato oggi in mare, di nascosto...eh?

Il vecchio arrossisce appena, poi torna a mangiare il pane. La figlia siede a tavola e gli serve le verdure, lui protesta con la mano, salvo poi cominciare a mangiare.

VECCHIO
Spegni questa orribile musica, almeno!

La ragazza sorride e spegne lo stereo, poi cominciano a mangiare. La giovane guarda il padre con compassione, lui non alza lo sguardo dal piatto e divora la sua cena rumorosamente. Il silenzio è turbato dal volo di una mosca. La MDP lentamente distoglie l'attenzione dalla cena per seguire la mosca, che si posa sulle pale della ventola, sul soffitto.

Stacco.

La ragazza scende con passo veloce la strada che porta dalla sua casa alla piazzetta del paesino. Ci sono dei turisti ai tavoli di un locale. Lei fa un cenno a qualcuno.
La vediamo ora al bancone di un bar, in compagnia di altri suoi coetanei, fra cui il nipote della fruttivendola.

GIOVANE
Alice! Ciao! Messo a nanna il vecchio?

ALICE
Ciao ragazzi!

Uno dei giovani mette il braccio attorno alla spalla di Alice e le offre con l'altro un bicchiere di vino. Alice sorride e gli da un bacio sulle labbra.

ALICE
Maury! Quando sei tornato?

MAURIZIO
Oggi! Come stai?

ALICE
Benone...come va nella grande città?

MAURIZIO
Non so che aspetti a raggiungermi. Così finirai anche l'università!

ALICE
Sai che non posso, ho un bambinone da custodire!

La ragazza dice queste parole ridendo, ma lui la guarda con un po' di malinconia. I due bevono il vino guardandosi negli occhi.

Stacco.

Vediamo una parete bianca. La MDP scene lentamente finché si vede, in canottiera, il vecchio pescatore, seduto su un lettino da ambulatorio ospedaliero. Lo sguardo annoiato, i piedi penzoloni.

VFC
Il quadro è piuttosto grave.

La MDP mostra ora Alice con un dottore (DARIO VERGASSOLA). Sono davanti alla porta a vetri dell'ambulatorio. Dal vetro smerigliato si intravede la figura del vecchio. Alice stavolta non sorride e guarda silenziosa il medico.

DOTTORE
Credo che il papà abbia bisogno di cure particolari. Occorrerà andare a La Spezia.

ALICE:
Papà non ha mai lasciato Riomaggiore da quando...

DOTTORE
Lo so Alice, lo sappiamo tutti in paese, ma credo non ci sia scelta.

Il dottore mette la mano sulla maniglia, Alice lo ferma.

ALICE
Lascia che glielo dica io.

Stacco.

Vediamo il quadro di inizio film, ma è mattina presto. I pescatori sono già in attività e stanno preparandosi a uscire in mare. Sulla spiaggia arriva anche il vecchio. Si avvicina alla sua barca facendo cenno a un ragazzo di dargli una mano. I due lavorano per calare la barca in mare, quando sul braccio del vecchio si posa una mano grinzosa. La MDP inquadra in PA un altro anziano (GIULIANO MONTALDO) di fronte al vecchio pescatore. I due si guardano intensamente.

VECCHIO
Arturo, cosa vuoi?

ARTURO
Pasù, che cos'hai in testa?

Il vecchio distoglie lo sguardo, guardando in macchina.

ARTURO
Cosa t'è venuto in mente di tornare a andare per mare?

Il vecchio continua a non rispondere, ma ora è diventato triste.

ARTURO
Non pensi a quanto si preoccupa tua figlia?

Il vecchio toglie di scatto la mano dell'amico dal suo braccio.

VECCHIO
Lasciatemi in pace.

Stacco.

Alice e il vecchio sono in un piccolo cimitero a picco sul mare. Lui è corrucciato, quasi arrabbiato, mentre lei posa dei fiori su una tomba, accarezza la lapide e sorride, soffiando un bacio.

VECCHIO
Allora, abbiamo finito?

Alice sorride al padre, e insieme si allontanano. La MDP inquadra la lapide, la foto di una bella signora, sulla quarantina.

Stacco.

L'inquadratura è di nuovo sulla spiaggia. Arturo guarda dalla riva la barca del vecchio allontanarsi, in mezzo al mare. La vecchia dell'ortofrutta raggiunge Arturo, si alza un po' di vento.

ANZIANA
Ma Arturo, l'hai lasciato andare?

ARTURO
Non ha voluto ascoltarmi.

ANZIANA
Ma nelle sue condizioni...santo cielo.

ARTURO
Alice non gli ha detto che sta morendo. Ma lui lo deve aver capito. Per quello ha ripreso la barca e ha deciso di andare per il mare. Forse solo lì riesce a essere felice.

I due anziani si guardano dispiaciuti. Poi l'anziana guarda Arturo e sospirando gli si rivolge.

ANZIANA
Alice è diventata grande.

I due voltano le spalle al mare. La MDP segue la scia della barca, si sente solo il rumore del motore e del canto dei gabbiani, fino a raggiungere il vecchio. Ha in mano una foto di quando era più giovane, seppur già cinquantenne, con in braccio una bambina piccola e la moglie, sorridente, al suo fianco. Il vecchio stringe la foto al petto, poi si accascia sulla barca.

La MDP si allontana lentamente. Un gabbiano vola sopra la barca, confondendosi poi nel sole, che si alza nel cielo.

Regia: Emilio Audissino

Personaggi e Interpreti
Vecchio: Paolo Villaggio
Alice: Emanuela Galliussi
Anziana dell'ortofrutta: Franca Sciutto
Arturo: Giuliano Montaldo
Dottore: Dario Vergassola

 


 

L’ARCHITETTO



Partono le note della canzone “Scusa” cantata da Nuno.



 

INTERNO AUTO

La MDP inquadra un ragazzo intento a guidare (FILIPPO SCICCHITANO). Mentre sentiamo la sua voce l'inquadratura allarga e inquadra l'interno dell'abitacolo.

CHECCO (VFC)
(FILIPPO SCICCHITANO)
Mi chiamo Francesco, ma tutti mi chiamano Checco.
Quello seduto accanto a me che fuma guardando fuori dal finestrino è Claudio, un amico di mio fratello. Mio fratello Luigi è quello seduto dietro.

L'automobile arriva in prossimità di un semaforo e si ferma. Vicino al semaforo, piazzato giusto in mezzo al marciapiede, c’è un carrettino per i gelati. Il gelataio è un tipo piccolo di statura e ha la faccia scura. Checco tira giù il finestrino e lo guarda mentre la gente passa vicino al carrettino senza fermarsi.

CHECCO
Quello là non vende niente, faceva meglio a restare a casa sua.

LUIGI
(MICHELE DEGIROLAMO)
Ma dove porta questo viale? Verso San Pancrazio?

CLAUDIO
(SILVIO NANNI)
No, di qua si va verso via Garibaldi, verso il Gianicolo.

Luigi da dietro batte sulla spalla del conducente.

LUIGI
Allora Checco, come va?

CHECCO
Bene

LUIGI
A cosa stai pensando?

CHECCO
A niente

LUIGI
Hai paura?

CHECCO
No

LUIGI
E allora perché stai sempre zitto?

Checco non risponde e alza le spalle mettendosi a fissare il semaforo in attesa che diventi verde.

ESTERNO AUTO

L'auto, una Golf, attraversa un quartiere pieno di siepi, giardini e vialetti alberati.

CHECCO (VFC)
Non la faccio spesso, questa cosa di rubare negli appartamenti, ma adesso i soldi mi servono assolutamente, perciò c'è poco da scegliere. La mia carriera di ladro è cominciata circa tre anni fa, quando facevo ancora l'università. Ero iscritto ad architettura e campavo con le solite ripetizioni ai ragazzini delle medie, ma non sempre avevo clienti e non sempre venivo pagato. Ogni tanto mi capitava di rimanere proprio col culo per terra, e allora mi dovevo arrangiare come potevo. Oltre alle ripetizioni, per un po' di tempo ho fatto il bagnino in una piscina, poi il venditore porta a porta e infine il gelataio. Ma erano tutti lavoretti in nero che per una ragione o per l'altra non duravano mai più di qualche settimana.

INTERNO AUTO

La Golf gira a destra e inizia a rallentare

CHECCO (VFC)
Subito dopo la laurea ho avuto un periodo di Grandi Ambizioni e m'ero messo in testa di fare l'architetto; naturalmente, nessuno studio mi ha mai preso per il praticantato, e così, nel giro di qualche mese le mie ambizioni si sono eclissate completamente.

L’auto si ferma davanti a un bel palazzo, poco distante dal portone, e spegne i fari.

CHECCO (VFC)
Adesso faccio il tecnico in un locale. Ogni notte sto dietro alla consolle fino alle quattro. Il locale è un incrocio tra un caveau e una discoteca. La gente va e viene a tutte le ore; ci sono quelli che stanno sempre al bar, quelli che ballano in pista e quelli che preferiscono sedersi negli angoli bui a chiacchierare.

I ragazzi rimangono silenziosi all'interno della vettura. La strada è piuttosto stretta e in giro non si vede nessuno. Lungo la via le facciate delle case sono mezzo nascoste dal verde, ci sono edere e tigli dappertutto, siepi ben curate e piccoli alberi disposti in file diritte.

CHECCO (VFC)
In fondo come lavoro non è male; però negli ultimi tempi ho pensato spesso di licenziarmi. Ogni tanto mi viene voglia di prendere un aereo e partire, di scapparmene in un altro continente e ricominciare tutto da zero. So benissimo che si tratta di un'idea idiota, ma ci sono dei momenti in cui sinceramente mi chiedo: che cosa mi trattiene qui a Roma? In effetti assolutamente niente. Allora anche la prospettiva di mettermi a fare il vagabondo dei mari come corto maltese mi pare plausibile.

Primo piano di Checco che deglutisce poi delle sue mani che vengono strisciate sui pantaloni per asciugarne i palmi.

Inizio rallenty

L'interno dell'abitacolo è semibuio. Checco si gira a guardare il fratello e lo vede che guarda fisso fuori dal finestrino. Nessuno si muove, nessuno parla. Poi Claudio fa scattare l'apertura dello sportello:

Fine rallenty

CLAUDIO
Va bene. Si va?

Luigi si piega in avanti e guarda gli occhi di Checco nello specchietto retrovisore.

LUIGI
Tu sai cosa fare. Stai attento.

CHECCO
Stai tranquillo.

LUIGI
Tieni d'occhio tutto. Anche il vialetto che porta ai garage.

Checco fa segno di sì con la testa.

CHECCO
Stai tranquillo.

Luigi annuisce. Scende dall'automobile.

ESTERNO – STRADA

Luigi con la borsa sotto braccio, attraversa la strada insieme a Claudio e si avvicinano al portone. Armeggiano per qualche istante intorno alla serratura prima di sparire all'interno del palazzo.

INTERNO AUTO

Checco appoggia le mani sul volante e guarda la facciata del palazzo mentre inizia a mangiarsi le unghie. Il portone è di legno scuro e le finestre del piano terra hanno le inferriate. I rami dei tigli nascondono i piani più alti. I coni di luce dei lampioni sono interrotti dalle foglie.

CHECCO (VFC)
Al sesto piano c'è l'appartamento di Pini. Questo Pini ufficialmente è un avvocato, ma in realtà non lavora. È ricco di famiglia, ha parecchie terre fuori Roma, e perciò vive di rendita. Noi lo abbiamo tenuto d'occhio per più di un mese, ormai conosciamo perfettamente tutte le sue abitudini. È vedovo, e vive con una governante che puntualmente alle cinque del pomeriggio se ne va. Di giorno lui sta sempre in casa, di sera invece esce spesso e non torna mai prima di mezzanotte.

Checco guarda l'orologio: vediamo che segna le dieci e venti, poi mentre sentiamo la sua voce vediamo l'interno del palazzo e le immagini non ben definite di quello che dice.

CHECCO (VFC)
Mio fratello in questo momento probabilmente sta salendo le scale al buio, un gradino alla volta, con la sua borsa di tela sotto il braccio. Arrivato al sesto piano aprirà la borsa, tirerà fuori le leve e inizierà a infilarle sotto la porta facendosi aiutare da Claudio.

Le immagini tornano a inquadrare Checco all'interno dell'abitacolo che guarda con attenzione in ogni direzione. In giro non si vede anima viva, solo si sente una musica western proveniente da un qualche televisore nelle vicinanze.

CHECCO (VFC)
Per sistemare tutte le leve ci vogliono cinque minuti e per far saltare i morsetti del meccanismo almeno altrettanti; dieci minuti in tutto. Il momento più pericoloso del lavoro proprio quello sul pianerottolo. La tromba delle scale è una specie di terra di nessuno, in ogni momento può capitare un imprevisto.

Checco si sistema sul sedile cercando di distendersi e di allungare le gambe. Si volta a controllare la situazione alle sue spalle, la strada è buia con le luci dei lampioni che la illuminano a chiazze. Mette un braccio fuori dal finestrino e comincia a tamburellare con le dita contro la scocca dello sportello. Prende dal cruscotto il pacchetto delle sigarette e ne accende una. Aspira dalla sigaretta e mette il gomito fuori dal finestrino. Guarda in direzione del portone e ha un sussulto. Un ragazzo (VALENTINO CAMPITELLI) sta uscendo dal palazzo con un piccolo cane al guinzaglio. Il ragazzo cammina fino all'angolo del condominio e poi si accuccia per togliere il guinzaglio al cane che comincia subito a trotterellare in mezzo alla strada per poi fermarsi vicino alla ruota di un'autovettura. La annusa e poi tira su la zampa e urina. Il ragazzo fa un mezzo sbadiglio e si mette a camminare su e giù per il marciapiede con l'aria annoiata guardandosi intorno. Checco cerca di scivolare in avanti rintanandosi più che può all'interno dell'abitacolo.

CHECCO (VFC)
Mi è sembrato che l'espressione della sua faccia sia cambiata di colpo. Credo mi abbia visto, si è fermato a fissare per alcuni istanti nella mia direzione. Forse si sta chiedendo chi sono e cosa ci faccio qui.

Il ragazzo comincia a camminare verso il fondo della strada allontanandosi col cane che gli scodinzola dietro, poi si ferma all'altezza di un grosso albero. Tira fuori dalla tasca un fazzoletto e si soffia il naso.

CHECCO (VFC)
Fa finta di niente ma lo vedo che si sente addosso il mio sguardo e anche lui mi guarda di sottecchi.

Il ragazzo si ferma a leggere un manifesto appeso al muro, poi fa un fischio al cane prima di voltarsi e tornare indietro.

Primo piano della mano di Checco che si appoggia alla leva di apertura dello sportello.

Il ragazzo cammina piano sul marciapiede, con le mani sempre ficcate bene nelle tasche. Tiene la testa bassa per un po' ma alla fine si gira e lancia un'occhiata verso l'auto di Checco.

CHECCO (VFC)
Quello sta cercando di controllarmi a distanza. Forse vuole leggere il numero di targa. Se è così siamo fregati perché doveva essere un lavoro facile e non abbiamo cambiato la macchina. Già me lo immagino non appena rientrerà in casa.

Inizio Flashforward

INTERNO CASA

Stacco veloce sull'immagine, non completamente definita ma riconoscibile, che lo vede rientrare in casa e rivolgersi a due persone, un uomo e una donna, seduti sul divano davanti alla televisione.

RAGAZZO
Lo sapete? Ho appena visto qui sotto un tipo strano davanti al portone. Stava seduto al buio dentro a una Golf, e non si capiva cosa facesse, aveva un'aria proprio brutta.

Fine Flashforward

ESTERNO - STRADA

L'immagine torna sul ragazzo che è con il suo cagnolino e continua a camminare tornando verso il portone.

CHECCO (VFC)
Devo fermarlo, se lo lascio tornare saremo tutti in pericolo.

Il ragazzo si avvicina ancora e quando si trova a un paio di metri dal portone.

INTERNO AUTO

L'immagine torna per un attimo sulla mano di Checco che azione l'apertura dello sportello e schizza veloce fuori dall'auto.

ESTERNO – STRADA

Inizio rallenty

Checco attraversa di corsa la strada andando incontro al ragazzo col cane. Primo piano del viso del ragazzo che lo guarda stupito e senza capire, come se si fosse accorto solo ora di lui. Checco gli si butta addosso colpendolo con un calcio all'altezza dello stomaco. Il ragazzo cade all'indietro sul marciapiede. Ora è terrorizzato, prova a gridare ma riesce solo a fare qualche flebile lamento. Checco si piega su di lui e lo colpisce con violenza in pieno viso con due pugni. Il ragazzo rimane steso sul marciapiede mugolando qualcosa di incomprensibile. Checco scavalca il corpo del ragazzo e corre verso la Golf, prende il telefono e chiama.

Fine rallenty

LUIGI (VOCE AL TELEFONO)
Che c'è? Cosa succede?

CHECCO
Presto dobbiamo andarcene, ci hanno scoperti.

INTERNO AUTO

Checco sale in auto, getta il telefono sul cruscotto e accende il motore, comincia a dar gas guardando con impazienza verso il portone.

Dall'interno dell'auto vediamo Luigi e Claudio uscire di corsa dal portone, attraversare la strada guardando preoccupati il ragazzo ancora steso a terra. Checco si allunga per aprire lo sportello al fratello ma Luigi è più veloce, lo apre lui e salta dentro l'auto mentre Claudio monta dietro. Entrambi hanno il viso rosso fuoco.

LUIGI
Che cazzo è successo?
Chi è quel tipo in mezzo alla strada?

Inquadratura dei piedi di Checco che spinge a fondo il pedale dell'acceleratore e stacca la frizione facendo partire la Golf a tuta velocità, sbandando e sfiorando una delle auto parcheggiate vicino.

LUIGI
Che cazzo è successo? L'hai ammazzato?

CHECCO
No, gli ho dato solo due pugni.

LUIGI
Perché? Che cosa aveva fatto?

CHECCO
Era uscito dal palazzo e m'aveva visto. Si era insospettito. mi girava intorno. Mi guardava.

Luigi si volta verso Checco con la faccia inferocita.

LUIGI
Che cazzo vuol dire ti guardava?

Luigi si avvicina col viso a quello di Checco che continua a guidare guardando davanti.

LUIGI
Perché sei sceso dalla macchina? Perché non hai aspettato che andasse via?

La Golf imbocca una curva a tutta velocità facendo stridere le gomme.

LUIGI
Porca troia!

Primo piano laterale di Checco. Lo vediamo guidare mentre la strada gli scorre veloce davanti all'auto. Luigi continua a gridare qualcosa ma non è più comprensibile. Davanti all'auto scorrono veloci i lampioni, le case, le auto parcheggiate lungo i marciapiedi. Checco non dice nulla e rimane fisso a guardare davanti a sé.

ESTERNO - STRADA DALL'ALTO

La Golf continua a essere inquadrato dall'esterno mentre sfreccia lungo le vie di Roma con la MDP che si alza sempre di più e l'automobile sempre più piccola risucchiata tra le strade e le luci della città.

CHECCO (VFC)
Secondo mio fratello è stato una sbaglio saltargli addosso. Anche ammesso che le cose stessero come sostengo io, lui dice che avrei dovuto mantenermi calmo e non muovermi affatto. È difficile dargli torto. Il ragazzo non aveva fatto niente, era semplicemente sceso per far pisciare il cane, non c'era nessun motivo per prenderlo a cazzotti. Adesso che è passata non riesco più a spiegarmi perché sono sceso dalla macchina. Forse pensavo davvero che il ragazzo volesse leggere il numero di targa. O forse l'incidente me lo sono cercato apposta e volevo soltanto procurarmi una scusa plausibile per tagliare la corda al più presto. Io volevo fare l'architetto.

Partono le note della canzone “Il silenzio del cielo” cantata da Nuno.

 

Regia: Cristian Scardigno

Personaggi e Interpreti
Checco: Filippo Scicchitano
Luigi: Silvio Nanni
Claudio: Michele Degirolamo
Ragazzo: Valentino Campitelli

 

Dissolvenza.

Sullo schermo nero appare questo paragrafo, cui seguono i titoli di coda.

Pupi Avati firma un progetto di cinema collettivo realizzato attraverso il lavoro di giovani registi che sviluppano temi e storie a carattere regionale nei quali si incontrano ragazzi di borgata romani, pescatori liguri, operaie venete, e altri personaggi della vita quotidiana. Persone simili alle tante che ogni giorno incrociamo per strada, che per qualche secondo entrano a far parte della nostra vita per poi perdersi tra la folla e scomparire di nuovo, forse per sempre.

  

Avete visto: “Nuovo Cinema Italiano”

Il film non ha scopo di lucro ed è realizzato per il gioco virtuale “Cinematik”.

Nuovo Cinema Italiano

Un progetto di
PUPI AVATI

Scritto da
Luca Decleva e Maurizio Giannini

Prodotto da
Ramaya Productions & MAGIA Production

 


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